martedì 22 ottobre 2019

le interviste di Captain Fantastic

E U R O V E S P A 

15.580 CHILOMETRI IN SOLITARIA INVERNALE IN SELLA AD UNA VESPA 50

intervista a Simone Sciutteri

Ci possono essere diverse essenze dell’essere biker e poco centra in sella a quale marca, e ci possono essere diversi modi di interpretare e vivere la moto, il viaggio. Voglio condividere con voi una bellissima storia-intervista, ed allo stesso tempo suggerirvi alcune letture, che sono certo troverete entusiasmanti e che contribuiranno forse a farci sognare, pianificare, e perché no realizzare, idee e sogni ancora nascosti in qualcuno dei nostri cassetti segreti. E’ stato così, quasi per caso, nel riguardare le mie fotografie di viaggio, che mi sono imbattuto ed ho riscoperto la vita e gli scritti di uno straordinario viaggiatore “ vespista ” che è stato Giorgio Bettinelli (Crema, 15 maggio 1955 – Jinghong, 16 settembre 2008). 
Giorgio Bettinelli, scrittore e giornalista, (di lui approfondiremo nel prossimo articolo) è diventato famoso con la pubblicazione di In Vespa, dove narra il suo primo viaggio su due ruote da Roma a Saigon. Vespista per caso, da allora non si è più fermato e ha realizzato incredibili viaggi che lo hanno portato in tutto il mondo: dall’Alaska alla Terra del Fuoco, dall’Australia al Sudafrica, dal Cile alla Tasmania, attraverso Americhe, Siberia, Europa, Africa, Asia e Oceania. 

Simone con Peyton al Museo Piaggio, posa accanto alle mitiche Vespe utilizzate da Giorgio Bettinelli.

E proprio poco dopo aver terminato la rilettura di queste entusiasmanti avventure, ho la fortuna di “incrociare” il libro di un altro grande biker e viaggiatore, Simone Sciutteri. Nato a Savona nel 1982 cresce tra Celle Ligure e Albisola, a due passi dal mare. Dal mare non si allontana mai, se non per brevi periodi. Sette mesi all’anno lavora in uno stabilimento balneare, gli altri cinque li trascorre riposando, studiando, viaggiando e scrivendo. Anche lui magneticamente attratto ed ispirato dalle avventure del più grande vespista e scrittore, il Bettinelli sopracitato, dal quale Simone riprende l’approccio e lo stile di viaggio, a bordo di una Vespa PK50 del 1985, battezzata Peyton Manning (dal nome di un quarter-back campione della NFL), percorre in un viaggio durato quattro mesi, le strade d’Europa da solo, in inverno e senza supporti tecnologici. Un'eroica cavalcata alla ricerca della radice comune europea che a tutt'oggi rimane più di nome che di fatto, anche se poi la realtà delle persone comuni, mostra sempre il lato più umano ed ospitale della gran parte degli abitanti di questo nuovo-vecchio continente. 

La mappa completa del percorso che ha toccato tutti i Paesi dell'Euro.

Questo è il titolo del libro di Simone che ci racconta in modo splendido, scorrevole e mai noioso, questa sua grande avventura.

EUROVESPA. 15.580 chilometri in solitaria invernale su una Vespa 50.


Bisogna pure ammetterlo, per buttarsi in un'avventura del genere in solitaria, non basta la sola voglia di viaggio e libertà, ci vogliono le "palle". Così mi sono deciso a prendere contatto con Simone, scoprendone oltremodo un ragazzo disponibilissimo e simpaticissimo, pronto a condividere estratti della sua esperienza, che proverò a trasmettervi nel corso di questa intervista. Non voglio raccontarvi particolari e dettagli perchè meritano di essere gustati ed assaporati pagina per pagina leggendo il suo libro.
Chi in fondo meglio di un Harleysta può apprezzare, comprendere questo tipo di racconto ed esperienza di viaggio?

D. A quale età il tuo primo approccio con le moto? Quali le tue prime esperienze?

R. Fa un po' ridere, ma il mio primo scooter l'ho avuto a 18 anni, dopo la patente! All'epoca abitavo a casa dei miei e quell'estate ho iniziato a lavorare come bagnino ad Albisola: 4 chilometri da casa, ma alle 6 e mezza del mattino, in bicicletta, mi sembravano infiniti. Ho resistito fino a Luglio, poi mi sono impossessato dello scooter dismesso di mia zia, un cinquantino, giallo, di una qualche sottomarca orientale che sembrava disegnato da un bambino! Dopo di lui ci sono stati altri scooter, ma, insomma: per me le due ruote erano un mezzo di trasporto, non ero un ragazzino che smontava e rimontava carburatori ogni pomeriggio. Le marce ho imparato ad usarle...con Peyton!

D. Dove e quando è arrivata “l’ispirazione”, quella che veramente ti smuove e ti fa decidere di affrontare l’avventura? 

R. Per quanto riguarda Euovespa, faccio fatica a indicare il momento esatto: è stata un'idea che mi è balenata in testa appena ho scoperto Bettinelli, ma l'ispirazione è arrivata strada facendo, anno dopo anno ed anche viaggio dopo viaggio, fino a quando tutte le idee non combaciavano con il sogno di affrontare un grande viaggio su due ruote, alla maniera di Bettinelli. Un anno prima della partenza ho iniziato a unire i puntini: i luoghi che volevo attraversare, il modo in cui volevo farlo e raccontarlo, la voglia di mettere a frutto, tutte insieme, le tante cose che avevo imparato nei miei viaggi precedenti. Quindi direi che più che un'ispirazione improvvisa, la mia è stata una palla di neve che, inesorabilmente, rotolando a valle, si è fatta valanga, fino a quando non potevo nemmeno più immaginare di fermarla. A quel punto potevo solo saltarci su e provare a cavalcarla!

D. Bettinelli rientra nella mia personale categoria di 'viaggiatore sovraumano', quello che riesce a fare imprese incredibili e pazzesche come fossero cose ordinarie. Leggendo il tuo bellissimo libro Eurovespa, dal quale si evince tutta la tua ammirazione per Bettinelli, ritrovo nel tuo racconto, molti momenti vicini all’essenza della maggior parte di noi viaggiatori, momenti di crisi e di umana fragilità, alternati all’euforia ed allo stupore, cosa mi dici a riguardo?

R. Io credo che qualunque viaggio, piccolo o grande che sia, se affrontato con lo spirito e con la voglia giusta, ci porta almeno un passo fuori dalla nostra zona di comfort: quindi chiunque ti dica che non ha mai avuto un momento di esitazione, che non ha mai pensato nemmeno una volta "chi me lo ha fatto fare?", mente. Ce lo diciamo spesso nella vita di tutti i giorni, figurati in viaggio! I momenti difficili, di scoraggiamento, di noia, di difficoltà, quelli che a volte ingigantiscono anche i problemi che stiamo affrontando, fanno parte di ogni viaggio come della vita. A volte arrivano quando non te li aspetti, quando l'adrenalina cala ad esempio. Però, la cosa bella, è che in un viaggio così c'è pieno di momenti per cui ti viene da dire che, sì, ne è davvero valsa la pena! Se anche tutti i chilometri fatti fossero serviti solo per arrivare lì, che so, a bere vin brûlé nella magica atmosfera di un mercatino di Natale di Vienna, ne sarebbe valsa la pena! 
Durante Eurovespa il mio "lavoro" è stato anche un po' quello di controllare gli stati d'animo: non scoraggiarmi per un po' di pioggia, non esaltarmi per un po' di sole, sapendo che alti e bassi facevano parte del viaggio e cercando di rimanere concentrato sulla strada. 
E poi ci vuole lo stupore! Una delle cose che mi hanno sempre colpito di più in Bettinelli, e che traspare dal suo modo di raccontare a mio parere, è proprio questa meravigliosa capacità di stupirsi e di apprezzare anche cose piccole o apparentemente trascurabili. Non ho mai avuto il piacere di conoscerlo di persona, ma me lo sono sempre immaginato così: uno che quando era felice, era felice per davvero e che non aveva bisogno di molto per esserlo. Devi essere nel momento, vivertelo appieno, anche quando è negativo e a maggior ragione quando invece ti da felicità: così puoi sentire che ne è valsa davvero la pena di metterti in viaggio! Bettinelli nei suoi libri non ci nasconde le sue fragilità e ci coinvolge nei suoi momenti di euforia: spero di esserci riuscito un po' anche io con Eurovespa!

D. Harley-Davidson/HOG , e tutti i motociclisti che frequentano questo mondo “a parte”, come saprai hanno generalmente una ben precisa filosofia legata all’andare in moto, al senso di libertà ed al viaggio? Hai avuto ora o in passato modo o frequentazioni nel mondo Harley ?

R. Non ho amici Harleysti, quindi quello che so di quel mondo è quello che ci racconta Easy Rider o che si può trovare in altri film o libri. Però il legame moto-libertà-viaggio credo proprio che sia universalmente condivisibile con tutti i viaggiatori a due ruote. Credo che sia proprio legato all'aria sulla faccia, in qualche modo alla solitudine, alla costante ricerca di un equilibrio che ti faccia andare avanti.

D. Quali sono stati i luoghi o le situazioni che ti hanno trasmesso maggiori emozioni nel corso del tuo lungo viaggio?

R. Nei paesi dell'ex Jugoslavia le sensazioni sono state fortissime, sia per quanto riguarda i paesaggi attraversati, vertiginosi, selvaggi, spettacolari, sia dal punto di vista umano: il racconto della guerra, le sue tracce, le storie di chi c'era. 
Personalmente è stato toccante anche trovare - insieme a mia mamma, volata a Varsavia per l'occasione - la tomba del mio bisnonno, morto durante la Seconda Guerra Mondiale: una cosa che volevo fare da tempo ed arrivarci dopo tanti chilometri e un po' di peripezie, ha dato a questo "incontro", ancora più valore, per come l'ho vissuto io. 
Le strade bianche in Scandinavia poi... ci sono stati momenti in cui io e Peyton eravamo l'unica cosa in movimento in mezzo a una distesa bianca: bianca la strada, bianche le colline, bianchi gli alberi, bianco anche il cielo: una sensazione incredibile. E infine, tra gli altri mille che mi vengono in mente, l'arrivo a Cabo da Roca e la sensazione, per la prima volta, di avercela fatta sul serio. La gioia e, improvvisamente, anche lo smarrimento: da lì in poi sarebbe stata "solo" la strada verso casa...

D. Il tuo rapporto parole e musica associate al viaggio nei lunghi periodi di guida? 

R. Una delle regole che mi ero dato era non ascoltare musica mentre guidavo. Tra bivi - sulle strade che facevo, uno ogni duecento metri! - traffico, pioggia, neve e ghiaccio, mi ero detto che dovevo evitare di distrarmi. Fino a Cabo da Roca ho rispettato la regola, poi visto che la parte di viaggio che mancava era più semplice, ho iniziato a ascoltare la mia playlist di viaggio anche sulla strada. Non avevo molta musica con me, giusto quella che ci stava nel mio vecchio lettore Mp3, ma avevo una playlist che ascoltavo quasi ogni sera prima di dormire. C'erano parole che mi parlavano di me, o dei luoghi che stavo attraversando, che mi accompagnavano o mi distraevano, che mi portavano avanti o indietro di migliaia di chilometri, fino a casa, alla partenza o persino all'arrivo. La playlist l'ho inserita, in appendice, al fondo del libro. E me la sono poi rifatta su Spotify, dove ogni tanto la riascolto ancora...e mi riporta per strada!
Non ho ascoltato molta musica per strada, ma, in compenso, ho cantato un sacco! Cavalli di battaglia: Here comes the Sun, ogni volta che spuntava un raggio di sole, Space Oddity, che era la mia canzone del mattino, Take me home country road, buona per ogni momento, Whagon Wheel degli Old Crown Medicine Show quando mi prendeva l'entusiasmo e Go Solo di Tom Rosenthal, quando dovevo tener duro o nei momenti di commozione. E poi, tornato a casa, ho incontrato Dietro al Tempo, del mio amico Edoardo Chiesa, che mi sembrava scritta apposta per rivivere certe emozioni. E infatti è diventata la title track del documentario!

D. Le persone, i Paesi, quali ti sono rimasti più impressi?

R. Come detto prima, la Bosnia Herzegovina, innanzitutto, sia per i luoghi visti che per le persone incontrate. Ma anche la Grecia e città che non mi aspettavo così belle, come Olomuc o Plovdiv, le strade bianche delle repubbliche Baltiche o in Finlandia e Svezia. Luoghi piccoli a cui mi sono affezionato, posti in cui non sarei mai passato se non avessi viaggiato su Peyton, da Bozovici a Lomza a Brecon, ai paesini sulle montagne alle spalle di Valencia. Ho visitato anche città meravigliose, come Istanbul, Budapest, Copenaghen, Riga...ma di certo i luoghi che mi sono rimasti più nel cuore sono gli altri. Ed in tutti ho fissato un piccolo ricordo. 
E per ogni luogo, o quasi, un amico. Farei davvero un torto a citare solo qualcuno di quelli che mi hanno ospitato, aiutato, rifocillato, offerto una birra... In ogni luogo ho trovato simpatia e ospitalità, dal salumiere sloveno che non la finiva più di riempirmi il panino, ai ragazzi che sono venuti a darmi una mano a risistemare Peyton nonostante fosse il loro giorno di riposo, dagli amici dei Vespa Club polacchi a quelli tedeschi a quelli spagnoli... Tantissima gente, davvero tantissima: ma, se ci penso, me li ricordo tutti e mi sono rimasti tutti impressi allo stesso modo. 

D. Se devi pensare a degli “odori di viaggio”, quali ti vengono in mente o associ a dei ricordi particolari?

R. Zero dubbi. L'odore delle spezie del vin brulé, che mi ha accompagnato per tutta la prima parte del viaggio. Quello dell'asfalto alle prime gocce di pioggia. Quello delle pinete francesi, che mi ricordava che mi stavo avvicinando a casa. Quello della Shepard Pie che mi ha preparato Bill di Duncormick. Quello del baccalà portoghese. E quello dei miei scarponi, indossati ininterrottamente per 4 mesi! 

D. Il bagaglio ideale per un viaggio così lungo credo sia la somma di complessi ragionamenti, le cose fondamentali da avere con se? 

R. Dovevo per forza viaggiare il più leggero possibile. Oltre a tenda, sacco a pelo e lo stretto indispensabile per la vita da campo, mi ero preparato un piccolo kit di emergenza che mi sarebbe servito se fossi stato costretto a passare una notte all'addiaccio a tanti gradi sotto zero. Come vestiti: quelli che indossavo in viaggio, roba calda, ovviamente (a volte aiutata dagli scaldini chimici) e un cambio, per la vita mondana! Dovevo risparmiare peso per un po' di pezzi di ricambio (un po' da usare - cavetti e candele, fondamentalmente - e un po' da avere, per sicurezza, sperando di non doverli usare!) e per la cassetta degli attrezzi. Se qualcuno poi volesse l'elenco completo delle cose che avevo con me, può scrivermi e sarò felice di condividere suggerimenti (ma devo pensarci un attimo per ricostruire la lista!)! Poi: il necessario per fotografare e per scrivere. Un paio di foto per mostrare da dove venivo alle persone con cui facevo amicizia. Un vecchio telefono senza GPS e internet. Una tanica da 5 litri per la benzina e qualche latta di olio buono, da alternare con quello da quattro soldi che trovavo in giro.
Ah, dimenticavo: avevo con me anche un bel malloppo di vecchie cartine, da usare e da non riuscire mai più a piegare come si deve! 

D. Hai in programma qualche nuova impresa? 

R. Dopo Eurovespa avevo voglia e bisogno di fare qualcosa di diverso, così ho partecipato alla lavorazione di The Raftmakers, un documentario in cui ce ne andiamo in giro per il mondo a costruire zattere di fortuna, con cui scendere alcuni fiumi per raccontarne lo stato e le persone che vivono lungo il loro corso. Dopodiché, purtroppo, non sempre si riesce a fare un viaggio avventuroso ogni anno: la vita quotidiana, ogni tanto, chiede il conto e bisogna aspettare il momento propizio. Nel frattempo, non bisogna smettere di sognare e io continuo a farlo e a progettare idee... 
Per quanto riguarda Peyton, non è ancora arrivato il momento della pensione. Ma l'idea che ho è un po' complicata, quasi l'opposto di Eurovespa, anche se sempre sulle stesse ruote e con lo stesso motore, e ci vorrà un po' perché riesca davvero a realizzarla. Nell'attesa, spero di riuscire a fare un altro paio di giri che ho in mente, uno a piedi e uno via mare. 

D. Un tuo pensiero o consiglio per le persone che iniziano a “formare” nella testa e nei pensieri un’idea di motoviaggio in solitaria?

R. Se sentite che un viaggio sta prendendo forma, anche se è solo un'idea lontana, ma sentite che è quella giusta, che è quello che volete fare: sognatelo. Sognatelo più che potete. Quasi, oserei dire, costringetevi a sognarlo. Io ho avuto la cartina dell'Europa appesa sopra al letto per un anno. Prima la fissavo e basta. Poi ho iniziato a segnare le strade a matita. Poi le ho ripassate, poi le ho corrette, poi sono partito (senza aver deciso effettivamente quale delle varie linee avrei percorso!). Prendetevi il tempo per farlo: soprattutto se viaggerete su strade secondarie, fuori dal circuito delle autostrade, la strada può essere diversa da come appare sulla cartina o su Google Maps. E a fare le cose di corsa, si perde un sacco della bellezza che si attraversa. Poi preparatevi bene. Sarebbe frustrante partire belli carichi di tante speranze e poi accorgersi che ci manca qualcosa di necessario o non ci siamo preparati per uscire da una certa situazione complicata. Infine: concedetevi la libertà di tornare indietro, di sbagliare, di fermarvi, di fallire. Fa parte del gioco. Ci si può preparare benissimo, ma l'imprevisto è in agguato. Potete stufarvi. Potete cambiare idea. Ammettere che il fallimento sia una possibilità è il modo migliore per avere la spinta a proseguire e a farlo nel migliore dei modi, godendovi il viaggio sul serio: siete lì perché volete esserci, tenete duro perché volete tener duro, andate avanti perché è la cosa migliore che potete fare. Non perché qualche giornale - o qualche amico - vi prenderà in giro se non raggiungerete la meta. Perché, frase trita ma sempre vera, il viaggio non è la meta. Ma sono lo stupore che sapete provare ad ogni passo che fate, il coraggio di fare quello successivo, la voglia di viverne ancora un giorno. E poi ancora uno. E ancora uno e ancora...
(© Capt. Fantastic)

Vi invito oltre ad acquistare il suo libro, anche a seguire i videoblog del viaggio su YouTube.

Ecco una favolosa carrellata di immagini "live" con didascalie originali dell'Autore, scattate da Simone durante il viaggio.

foto di viaggio, Latvia-Belgium


Ad Albisola, sulla terrazza dei bagni dove lavoro. Prima della partenza, un po' di restauro per Peyton!

In Bosnia, sulle montagne. Mi ero fermato a fare la foto al più grande gregge di pecore che avessi mai visto in vita mia: due colline bianche, che sembrava avesse nevicato! Mentre scattavo, si sono avvicinati i tre ragazzi che le portavano al pascolo e ci siamo messi a parlare...o almeno ci abbiamo provato! Tra un gesto e l'altro, mi hanno chiesto da dove venissi e mi raccontato qualcosa di loro. Sembravano un po' stupiti, giustamente, del fatto che mi fossi fermato a fotografare una scena che per loro era abituale...mentre ovviamente osservavano curiosi Peyton!

Tra le rocce di Meteora, Grecia, dove Peyon si è  arrampicato in un raro e bellissimo giorno di sole.

Uno dei miei tipici accampamenti, nella legnaia sul retro di un ristorante. Mi sono fermato spesso chiedendo ospitalità a locali, benzinai, fattorie, per tenere anche Peyton e il bagaglio al riparo dalle intemperie: sono stati sempre tutti disponibili e, come minimo, ci scappava sempre almeno un invito a cena.

I primi paesaggi innevati, da qualche parte in Lituania.

Uno dei giorni più felici di tutto il viaggio: dopo le difficoltà nelle Repubbliche Baltiche e due giorni di viaggio in mezzo alle nevicate in Finlandia, l'arrivo, col sole, a Turku, dove mi sarei imbarcato per la Svezia.

In attesa di imbarcarmi per Helsingor, Danimrca. Dopo 20 giorni di viaggio difficilissimi tra guasti e cadute, superate Lituania, Lettonia, Estonia, Finlandia e Svezia, finalmente mi lasciavo alle spalle le strade innevate...

Lungo il percorso del mio personale Cammino di Santiago...in Vespa.

Esultanza all'ingresso in Portogallo: missione compiuta, tutti i paesi dell'Unione Europea, tutti quelli candidati  a farne parte e tutti quelli considerati possibili candidati erano stati raggiunti.

Io e Peyton affacciati, con un po' di malinconia, al parapetto di Cabo da Roca: dopo aver raggiunto il punto più occidentale d'Europa, restava a "solo" (ancora 3000 e più chilometri...) la strada verso casa...

Io e Peyton che ci godiamo una sosta al sole, sulle strade dell'Extremadura, Spagna.


(© foto di Simone Sciutteri)

lunedì 18 giugno 2018

Captain Fantastic and The 500 Swiss Miles Adventures

Swiss 500 Miles 2018 - Il Racconto


Negli ultimi anni devo confessare che tante, forse troppe cose sono cambiate velocemente nella mia vita. Soprattutto, quando arriva il momento in cui ti accorgi che il tempo inizia a correre veloce, veloce come non mai.
Non mi sono accorto, non l’ho sentito ma, il tempo ha un rumore?
In questo momento non mi viene in mente altro, ad eccezione del tic-tac della vecchia sveglia che ho sul comodino, quindi, ho pensato che era arrivato il mome...nto di scandirlo bene con un V-Twin 103.
 
Every year is getting shorter, never seem to find the time
Plans that either come to naught or half a page of scribbled lines
Hanging on in quiet desperation, is the english way
The time is gone, the song is over, thought I’d something more to say

Per questa Long Resistance Run, vorrei ad ogni particolare sensazione, collegarci una canzone, perché cantare è una cosa che faccio spesso quando guido la moto, mi concentro sulla strada e mi tengo ben sveglio, perché stanne sicuro, i momenti di crisi verranno prima o poi a bussare sul casco, solitamente ben nascosti tra aurora ed alba.
Sarò onesto, questa prima Swiss 500 Miles in terra straniera, mi rende un poco nervoso. Tre Harley e quattro bikers, tanti siamo, scavalliamo la collina sovrastante il nostro adorato Lago di Como, sopra c’è Chiasso! (finalmente svelato il mistero sul perché gli abitanti di Como non dormono mai).
In dogana, uno sguardo attento del Rezzonico, ma nessun controllo, nessun sospetto che le mie borse siano stracolme di Ricola, tutto fila liscio e si entra in terra elvetica.
Giusto per iniziare alla grande, decidiamo di allungare il tragitto di un centinaio di chilometri, passando per il Nuefenen Pass



detto anche Passo della Novena (quota 2.478 m slm), sulla linea di confine tra Canton Ticino e Vallese, appena riaperto dalle abbondanti nevicate invernali. Uno straordinario passo alpino che si percorre salendo in direzione ovest, prendendo l’uscita di Quinto, qualche chilometro prima dell’ingresso del tunnel del San Gottardo.
L’ascesa è dolce, il cielo azzurro e limpido, l’aria fresca e frizzante, rettilinei ed ampie curve si susseguono regalandoci ad ogni svolta paesaggi incantevoli. Persino una famiglia intera di stambecchi ci osserva dalla ripida parete accanto ad uno dei tornanti.
Rocking smooth and slow…..
Si prosegue in direzione Grimsel Pass (quota 2.164 m slm), sulla linea di confine tra Vallese e Berna, da qui, iniziamo la discesa verso Lucerna. Altro passo di straordinaria bellezza che regala colori ed emozioni notevoli.


Raggiungiamo lo starting point a Zurigo, il contachilometri segna già 350 km.
Il ritrovo è fissato per le 19.00 all’hotel Sorell Arte, presentazione della Swiss 500 Miles 2018 ed a seguire un ricco buffet offerto dall’organizzazione.


Al termine, da solo raggiungo il mio hotel poco distante, il solo trovato con ancora qualche camera disponibile.
500 miglia per 500 partecipanti.
La notte passa veloce, ultimi preparativi, scelte logistiche, ed eccoci pronti, al blocco di partenza…la tensione inizia a salire.
Dieci minuti al via, metto il casco e mi sembra quasi di infilarci tutti i miei pensieri,

Like a lost soul in a swimming fish bowl…

Buona strada mio Bucefalo, fedele compagno di tante avventure, tutto andrà per il meglio, anche stavolta. Perché tanto per incominciare parafrasando una bellissima canzone di Vasco,
 
dentro quel pezzo di ferro ci ho trovato un’emozione,
che ho capito che non si comanda al cuore...
 
Finalmente si parte !!!
Oltre 21 ore con la testa e tutto il mio mondo racchiuso dentro questo acquario, regalano sensazioni ed emozioni indescrivibili, un misto di adrenalina e stanchezza, di felicità e malinconia, di pensieri belli e pensieri agitati, di vita che corre e che comunque sto cavalcando proprio in questo momento, con l’aria fresca in faccia che rende tutto forse un poco più leggero.
Il 103 inizia a ritmare il suo sound, la strada a scivolare veloce sotto i piedi. La prima sensazione, è quella che di default ci si aspetta dalla Svizzera, strade come tavoli da biliardo, asfalto grigio e perfetto in netto contrasto con il verde smeraldo dei prati e l’azzurro del cielo che preannunciano paesaggi da cartolina che sono sicuro a breve incominceranno a fissarsi nello sguardo.
Le ore da passare in solitudine saranno molte, interrotte solamente dalle brevi soste ai vari check point per sgranchire un poco le ossa, un caffè e la timbratura con consegna del road book della tappa successiva.
Riassumo brevemente i passi salienti di questa cavalcata durata 904 chilometri, ben oltre la distanza prevista a causa di alcune modifiche di percorso dell’ultima ora.
 
Tappa 1 -  Passaggio dalla Sede della FIFA (Federation International de Football Association)


Tappa 2 – Passaggio a Teufen presso le Mettlen Industries, nel bel mezzo di uno straordinario evento con diverse centinaia di persone che osservano, filmano e fotografano il passaggio dei partecipanti tra palco e sala delle feste all’interno di un gigantesco capannone (Sala Koch) attrezzato di tutto punto per la circostanza.
Tappa 3 – Oltrepassiamo la frontiera austriaca
Passo Hoctannberg (quota 1.679 m slm)


Passo Arlberg (quota 1.793 m slm)
Tappa 5 – Frontiera Svizzera direzione Scoul – St. Moritz
Ofenpass (quota 2.149 m slm)


Nelle tappe seguenti, giusto per non farci mancare niente, verso mezzanotte iniziamo l’ascesa per affrontare i 48 tornanti del
Passo dello Stelvio (quota 2.757 m slm).


Sono congelato !!!
Ed uno pensa, il più è fatto, ora si andrà in discesa…..infatti,
Bernina Pass (quota 2.328 m slm)
Malojapass – St. Moritz
Julier Pass (quota 2.284 m slm)


 Causa modifica del programma per impraticabilità del passo alpino, non ci risparmiano nemmeno la salita al contrario verso Splugen.
Ora si inizia veramente a rientrare, mattina presto, il solito the caldo salvavita e siamo in Liechtenstein, a Vaduz, procediamo per St. Gallen in direzione Zurigo.
Non vogliamo rinunciare a nulla, nemmeno ad un bell’acquazzone che lava via ogni residua stanchezza.

It is the summer of my smiles
Flee from me, keepers of the gloom
Speak to me only with your eyes…

Nota di Servizio : nei 904 chilometri percorsi, non ricordo una (1) buca in nessuna delle strade percorse, nazionali, regionali, comunali o di campagna…..e mi faccio qualche domanda.
L’edizione forse più dura di sempre, a detta pure dei teutonici partecipanti, ma un’edizione di straordinari contrasti, paesaggi e bellezza ridondante per tutte le cose viste, fiumi, cascate, laghi, montagne, neve, ghiaccio, dighe, foreste, strade a dir poco spettacolari…restano tante meravigliose istantanee di questa interminabile sfida.

Il ricordo degli attimi, che sia forse questa l’essenza di tutte le esperienze?

And we can be heroes, just for one day…

Perché l’importante non è quello che trovi alla fine della corsa, ma tutto quello che incontri durante il viaggio…..
Lago di Como Chapter alla Swiss 500 miles 2018 presente !!!